Per oltre un secolo, dal 1841, a Valdagno si estrasse materia fossile combustibile. Tanti gli incidenti: nel 1900 persero la vita in undici.

Sembra uscito da un romanzo dell‘800 dell’Inghilterra vittoriana, ma è una storia di casa nostra al tempo della prima rivoluzione industriale. Nel libro di Giorgio Trivelli e Antonio Fabris – da sempre attenti indagatori della storia del territorio vicentino – “Monte Pulli di ValdagnoStoria di una miniera e delle ricerche di combustibile tra Ottocento e Novecento” (edizioni Mediafactory), la vicenda della miniera di carbone attiva vicino a Valdagno tra il 1841 e il 1958 riemerge in tutta la sua cruda realtà mischiata alla speranza di riscatto sociale e umano di un proletariato indigente e al desiderio di fortuna di una piccola e media imprenditoria locale testimoniata dal minuzioso elenco di ricerche e scavi effettuati in provincia nel tentativo di acquisire questa fonte energetica necessaria per lo sviluppo industriale.

La presentazione del libro a Valdagno

Verrà presentato dagli autori, in dialogo con l’editore Luigi Borgo, oggi a Valdagno, Palazzo Festari, alle 20.30. Sono 175 pagine divise in due parti (storica e tecnica) legate da emozionanti immagini e foto d’epoca con un focus finale sulla evoluzione geologica di Benedetta Pallozzo e sui progetti di recupero e valorizzazione del sito di Dario Rossato. Gli autori hanno scavato in profondità -come mai nessuno prima- una mole di carte d’archivio, per lo più inedite, acquisite in rete anche da università anglosassoni e tedesche- per riportare alla luce nei dettagli la storia della “più notevole, fra le miniere di combustibili in tutto il Veneto, dopo l’Unità”. 

Era la più importante miniera di carbon fossile

Oggi spesso percepita come romantico sito di archeologia industriale, mèta di amene passeggiate, era la più importante miniera di carbon fossile del vicentino tra quelle distribuite a metà 800 fra più di 30 comuni, e uno dei principali centri di produzione d’Italia. Palinsesto di storie trasversali (economica, sociale, umana, imprenditoriale, tecnologica) questa storia della Miniera dei Pulli è la difesa analitica della storia minuta che contribuisce alla costruzione della grande storia. Riemergono toccanti memorie dal sottosuolo, documentate da foto e illustrazioni d’epoca: schiere di uomini, spesso poco più che ragazzi, affiancati da donne e bambini, in condizioni di lavoro al limite delle possibilità umane, esposti al rischio continuo di cedimenti, crolli, incendi, allagamenti, soffocamento da gas tossici (il più temuto il grisou). 

Ragazzini alla teleferica per lo sgancio del carico di carbone fatto risalire dal pozzo, minatori che a colpi di piccone estraevano il materiale strisciando seminudi in spazi angusti rischiarati da lampade a carburo, su un graticcio di legno per scansare l’acqua dalle rocce fessurate, addetti all’esplosivo (“penitenti” o “fireman”) per frantumare le pareti di roccia da recuperare. 

Una tragica sequenza di incidenti

Fuori, all’aperto: verricelli e argani senza protezioni, cavi e teleferiche sospesi in aria: tragica è la sequenza di incidenti. Una piccola Marcinelle fu l’incendio del 7 marzo 1900 con 11 morti, la cui notizia giunta fino a Roma fu riportata in un articolo de “La provincia” di Vicenza, insieme ai resoconti del processo ai gestori della miniera. L’ultimo nel 1946, con 5 operai asfissiati. Una escalation di incidenti che, combinata ai bassi salari dovuti, nell’ultima fase, al calo di produzione, culminerà nel grande sciopero del 1912. “A tutti i lavoratori e alle tante vittime dei gravi incidenti questo libro è dedicato” dell’impianto, operativo a fine 800 per circa 30 anni. 

Tratto da https://www.ilgiornaledivicenza.it/argomenti/cultura/miniera-pulli-carbone-e-morti-nella-marcinelle-del-vicentino-1.9784399

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